L'agriturismo San Giorgio è situato in Umbria in collina, a 3,5 km dalla rupe di
Orvieto, in posizione panoramica, a 250 m di altitudine, lungo la strada per il
monte Peglia. Una struttura ricettiva attiva dal 2000, connessa all'attività
agricola , a conduzione familiare con echi dell'antica, cordiale, discreta
semplicità dell'ospitalità contadina.
Il toponimo “San Giorgio”è dovuto ad una immagine del Santo che si trova sopra
il focolare della sala comune.
Il casale è immerso nel verde, nei colori, nei suoni, nei profumi della
campagna, circondato dal bosco ceduo , dove è possibile raccogliere funghi nelle
stagioni piovose, incontrare istrici, ricci, volpi, tassi e cinghiali, molte
specie di picchi, gufi , civette, barbagianni...; osservare nei pressi del
laghetto oche, anatre, germani..e veder volare falchi. Luogo magico tra gelsi e
ulivi secolari, querce, roverelle, pioppi, larici, lecci e carnie.
Per chi cerca una vacanza fuori dai consueti itinerari, assicura un soggiorno
all'aria aperta con la famiglia, rilassante, divertente e confortevole in
località rurale, nella quiete della natura. Il soggiorno è reso piacevole per la
possibilità di praticare alcuni sport quali nuoto, pallavolo, treking , lente
passeggiate lungo percorsi suggestivi e panoramici e pesca sportiva di carpe,
tinche, lucci, trote... nel laghetto con barca a disposizione; di praticare il
birdwatching, osservare, ascoltare e fotografare gli uccelli in natura; di far
conoscere ai bambini modalità di coltivare girando per l' orto ed curiosando nel
frutteto di antica varietà,, di insegnare a riconoscere, come in un vocabolario
“verde”, ciliegi, peri, peschi, albicocchi, mandorli, meli, susini, fichi,
noccioli, olivi e nel vigneto l'uva di produzione biologica.
Il casale è nato da un'attenta ristrutturazione, che non ha snaturato le
caratteristiche tipologiche dell'architettura rurale di un antico mulino del
Settecento, di cui ha conservato l'atmosfera e le tracce della strumentazione (
1755, come si evince dal l'iscrizione di una
pietra inglobata nel muro esterno ); nel fondo di una valletta, accanto ad un
torrente, un mulino ad acqua era già esistente in epoca etrusca, poi romana (
epoca che preferì però l'uso della forza animale e umana per la presenza degli
schiavi), poi medievale...e ancora funzionante fino agli anni sessanta del
Novecento, nonostante l'avvento del motore a vapore già dal XIX secolo.
Mulino diverso da quello esistente nelle grotte di Orvieto ipogea, dove la
pressatura era ottenuta con i pesi di pietra prima che si conoscesse la forza
della vite,intorno al VI sec a C.
A monte del mulino, che alimentava una macina da grano e un frantoio per la
torchiatura dei semi da olio, per utilizzare l'energia prodotta dalla corrente
del corso d'acqua, c'era, dopo i salti del torrente, uno sbarramento artificiale
che convogliava e regolava il livello dell'acqua nella gora, un cunicolo in
granito; per avviare il moto e regolare la velocità della ruota il mugnaio agiva
sulla saracinesca della chiusa così da aumentare o ridurre il flusso dell'acqua.
I resti della giostra con cucchiai che raccoglievano l'acqua dal torrente
attestano la tecnologia a ruota orizzontale che trasmetteva il moto all'albero
(asse di rotazione) della macina.
Sono ancora in sede il torchio, le canalette, i gocciolatoi e una mola ( dal
latino mola, la pietra per macinare, da cui molendinum, mo/ulino) in un solo
pezzo, assai dura, la superficie doveva essere affilata e con solchi
periodicamente “martellinati”;una mola era fissa, concava e l'altra ( oggi
andata distrutta e riutilizzata ) convessa e girante; sovrapposte macinavano per
sfregamento e pressione i grani che il mugnaio introduceva dalla tramoggia nel
centro della mola superiore:il grado di finezza del macinato trasformato in
farina era ottenuto diminuendo la distanza tra le mole.
ncora alla vista il vano per le sanse per la decantazione dopo la prima
spremitural'acqua e un arco romano davanti al torchio.
Nel focolare, ampio per collocare il fusto dell'olio per l'evaporazione
dell'acqua, restano tracce di quello originario.
Il territorio intorno si offre come tesoro paleontologico: conserva le
testimonianze fossili del mare pliocenico che occupava gran parte della penisola
italica ancora 1.700.000 di anni fa , abitato da una grande varietà di
organismi, ubicati e affioranti nella collina sovrastante.
Si tratta di sedimenti del Pliocene superiore protetti dal degrado antropico
dall'attenzione dei proprietari e resi visibili da un percorso agevole.
Come documenta la scheda di rilevamento redatta dalla Dott.ssa O.Storti del
Laboratorio Ambiente della provincia di Terni , l'associazione fossilifera
presenta soprattutto molluschi bivalvi, gasteropodi, scafopodi in buono stato di
conservazione; resti di echinodermi (aculei di ricci di mare ) e di artropodi
crostacei. Se ne deduce la ricostruzione di una zona marina con acqua non molto
profonda (fra i 25 e i 150 metri) e temperata.
Nella sala comune c'è documentazione di questi reperti.